Entretien Monika Fahrny 20/1 - Diagnosi di tumore al cervello - Campagne - Attualità - Kinderkrebsschweiz
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Monika Fahrny, madre di un sopravvissuto

Porträt Monika Fahrny mit Sohn

Monika Fahrny vive con la sua famiglia nel cantone di Friburgo. I suoi figli oramai adulti sono andati via da casa da tempo, tranne Cedric. All'attuale 24enne è stato diagnosticato un tumore cerebrale maligno da piccolo e a causa della disabilità vive ancora con i genitori. Dopo avere superat molti ostacoli, Cedric è riuscito a finire la scuola e ora lavora in un centro protetto a Berna, dove si reca da solo in treno. Il cammino verso questa autonomia è stato lungo, perché gli effetti tardivi della malattia e della terapia fanno sì che molte cose - che in realtà a questa età sono date per scontate - siano fuori dalla sua portata. La sua famiglia lo sostiene ovunque possibile ed è grata che Cedric sia sopravvissuto alla terribile malattia, anche se al momento una vita indipendente non è ancora concepibile.

 

Signora Fahrny, quando suo figlio aveva tre anni e mezzo, le è stato diagnosticato un tumore al cervello. Cos’ha provato all'epoca?
Quando Cedric aveva due anni e mezzo abbiamo iniziato a notare che cadeva spesso, senza mai mostrare il riflesso di sostenersi con le mani per fermare la caduta. Poi fu la volta di un raffreddore che non voleva passare a causa dell’indebolimento del suo sistema immunitario. Un primo esame era stato inconclusivo. Da un giorno all'altro, improvvisamente Cedric aveva avuto problemi di equilibrio e aveva cominciato a barcollare. Il suo pediatra ci aveva quindi riferiti all'ospedale pediatrico come caso da trattare in emergenza. Lì, per la prima volta, gli è stata fatta una risonanza magnetica alla testa. Ora la ragione dei suoi deficit era diventata chiara: nella sua testa si era sviluppato un medulloblastoma e il tumore maligno si era già diffuso. È stato uno shock terribile per noi, anche perché non vi era certezza che Cedric sarebbe sopravvissuto all'operazione. La prognosi era particolarmente infausta in quanto la massa tumorale era già di grandi dimensioni e il tumore si era diffuso al midollo spinale. Ma tutto è andato bene e ce l'ha fatta. Dopo l’asportazione chirurgica del tumore, Cedric è stato sottoposto a chemio e radioterapia. Complessivamente è rimasto ricoverato in ospedale pediatrico per un anno e successivamente ha ricevuto un trattamento ambulatoriale. Ancora oggi, ci rechiamo regolarmente all'ospedale pediatrico di Berna per le visite di controllo. Nell’anno in cui è stato gravemente malato, l'ospedale è diventato quasi una seconda casa per lui. Anche se per me è stato molto difficile, ho sempre cercato di essere positiva durante tutto quel periodo. Non volevo che Cedric percepisse l'ospedale solo come un luogo dove doveva sopportare trattamenti dolorosi, ma anche come un luogo dove c'erano momenti felici. Abbiamo giocato molto, dipinto e decorato la sua stanza d'ospedale con foto e altri oggetti a lui cari. Questo è stato molto importante per me e certamente ha contribuito a rendere questi dodici mesi un po' più sopportabili.

La malattia e la terapia possono lasciare esiti a volte molto gravi negli ex pazienti con tumore cerebrale. Come è andata nel caso di suo figlio?
Cedric lotta ha ancora oggi problemi di equilibrio, anche se sono meno pronunciati che all'inizio. Anche le sue capacità motorie fini e di base sono compromesse ed è per questo che ha avuto bisogno di fare ergoterapia e fisioterapia per molti anni. Tuttavia, questo non gli impedisce di praticare degli sport, per cui va in bicicletta, scia e pattina sul ghiaccio. In realtà, con le sue limitazioni fisiche questo non sarebbe possibile, ma lui è riuscito a farcela comunque grazie alla sua forza di volontà e al suo atteggiamento positivo verso la vita. Ancora oggi, però, Cedric ha grandi difficoltà di orientamento e concentrazione e la sua memoria non funziona bene. È difficile per lui fare più cose contemporaneamente e seguire operazioni semplici. Naturalmente tutto questo limita molto il suo rendimento e in un ambiente di lavoro "normale" sarebbe molto rapidamente esausto. Per questo motivo, la disponibilità di posti di lavoro protetti che tengano conto dei bisogni speciali di survivor come Cedric sono di fondamentale importanza.

Cosa ha significato questo per la sua formazione scolastica e professionale?
Quando ha iniziato l'asilo, tutto è andato bene. Gli assistenti scolastici erano molto aperti ai suoi bisogni e lo hanno sostenuto. A quel tempo Cedric aveva anche problemi di udito, tanto che deve ancora portare un apparecchio acustico. Le cose sono diventate difficili quando ci siamo trasferiti e abbiamo dovuto cambiare asilo. Poi, dall’inizio della scuola fino alla seconda elementare, tutto è andato bene, fino a quando si sono verificati altri problemi: a volte era quasi cieco, non riusciva a vedere i colori e la sua vista fluttuava tanto da dovere usare diversi paia di occhiali di diversa intensità. Oggi non ha più bisogno di alcun ausilio visivo.

Nel 2002, ci siamo trasferiti e, a causa delle sue disabilità, nella nuova scuola Cedric è stato inserito in una classe più piccola. In realtà, in questi contesti i bambini con difficoltà di apprendimento ricevono maggior sostegno, ma purtroppo non fu possibile tenere conto dei suoi bisogni speciali. Inoltre, aveva e ha ancora difficoltà a creare relazioni sociali. Cedri è un outsider e la malattia si legge sul suo volto, per esempio, è più piccolo dei suoi coetanei a causa dei disturbi della crescita. Ancora oggi è difficile per lui creare legami di amicizia. Soprattutto alla sua età, le attività di svago con i coetanei sono importanti, ma Cedric è troppo insicuro e troppo lento per giocare a calcio. Tutto questo è poi sfociato in atti di bullismo a scuola nei suoi confronti. Alla fine, abbiamo tirato la cinghia e abbiamo deciso di mandarlo in una scuola privata a nostre spese. Ma poiché dove abitavamo non c'era una scuola superiore, Cedric a 14 anni è dovuto passare a una scuola di logopedia, che ha concluso nel 2014. In seguito, ha potuto fare un apprendistato con l'aiuto dell'assicurazione d’invalidità (AI) e fortunatamente dal 2015 ha un lavoro protetto in una cooperativa per disabili di Berna. Durante la settimana, viaggia da solo per circa un'ora in treno e in autobus fino al posto di lavoro. Ma prima che se la sentisse di fare il percorso da solo, ho dovuto accompagnarlo per diverso tempo per superare le sue difficoltà di orientamento. Il lavoro e l'ambiente della cooperativa gli piacciono molto, anche perché lì è molto apprezzato per quello che può fare e nonostante i suoi limiti.

Come sta suo figlio oggi e lei, come madre, come ha vissuto questi ultimi anni?
Cedric riceve una pensione dall’AI e può lavorare a tutti gli effetti. Ma con la sola pensione non ce la fa. Lavorare in cooperativa gli ha dato fiducia in sé stesso perché lo ha reso più indipendente. Ora sa quale treno prendere ed è riconosciuto sia come persona sia per le sue capacità. Tutto questo è molto positivo, ma è improbabile che in futuro possa vivere da solo. Ha certamente bisogno di essere costantemente seguito nella vita quotidiana. Forse vivere in ambiente protetto sarebbe una possibilità, ma finché noi ce la possiamo fare non percorreremo questa strada. Certo, sono anche preoccupata per il suo futuro quando noi genitori non ci saremo più o non avremo più la forza, ma questa non è ancora la nostra preoccupazione principale. Cedric sta bene ed è attivo. I contatti esterni sono ancora difficili per lui, ma ha degli hobby come il tennis e il keyboard gaming. Poi vuole provare a prendere la patente di guida e noi lo sosteniamo. Anche se gli ultimi anni sono stati molto difficili, ho sempre cercato di continuare ad avere un atteggiamento positivo e ho sempre combattuto quando qualcosa non andava per il verso giusto. Ho dovuto spesso lottare, sia per la sua educazione scolastica sia per la pensione di invalidità, e anche quando, a volte veniva, discriminato per la sua disabilità. Questo atteggiamento positivo ha aiutato mio figlio ad affrontare meglio la sua vita così com'è. Certo, sono stata spesso triste e disperata negli ultimi anni e a volte lo sono ancora, anche se non lo mostro al mondo esterno. Sono dell'opinione che bisogna vedere i lati positivi. Ecco perché prendo ogni giorno così come viene e cerco trarne il meglio. Una delle cose positive è che ho imparato a reagire, a dire la mia e ad affermarmi. Poiché Cedric è diventato più autonomo grazie al suo lavoro a Berna e io non devo più occuparmi di lui in modo così assiduo, ho finalmente avuto la possibilità di trovarmi un nuovo lavoro dove ho mansioni dirigenziali. Questo non sarebbe mai stato possibile prima. Inoltre, la storia di Cedric ci ha anche dato l'opportunità di incontrare persone meravigliose, per esempio nei fine settimana per i genitori dei sopravvissuti con complicazioni tardive organizzato da Cancro Infantile in Svizzera. Questi incontri sono quelli che ci aiutano costantemente a superare i momenti difficili.

Per il futuro cosa auguri ai survivor e ai loro genitori?
I genitori come noi che hanno un figlio sopravvissuto al tumore al cervello, ma rimasto disabile a causa della malattia e della terapia, spesso si sentono lasciati soli. È un bene che l'AI si faccia carico delle prestazioni necessarie e che Cedric riceva una pensione, ma è estenuante dovere chiedere ogni prestazione individualmente e a volte anche dovere fare ricorso se all’inizio alcune prestazioni non vengono riconosciute. Inoltre, gli aiuti statali non sono sufficienti per permettere a Cedric di vivere in modo indipendente. Sapere che un figlio non sarà mai finanziariamente indipendente può essere molto stressante per i genitori. Mi piacerebbe che il sostegno fosse migliore e che l’assistenza economica fosse più facilmente ottenibile. C'è anche un urgente bisogno di cambiamento per favorire l’integrazione a scuola, come nell’abito della formazione e del lavoro. È necessario un supporto migliore e più serrato, con servizi di sostegno in grado di intervenire in caso di problemi scolastici, di necessità di aiuto nella ricerca di un lavoro e di accompagnamento sul posto di lavoro. Dal mio punto di vista, sarebbe anche molto importante avere un sostegno psicologico specifico sul tema della sopravvivenza. Ci sono tanti dubbi e domande che sorgono al più tardi dalla pubertà in poi, per esempio per quanto concerne le relazioni, la sessualità o la pianificazione familiare. Naturalmente, come genitori vogliamo essere sempre presenti per i nostri figli, ma ogni giorno siamo confrontati nei modi più diversi con le conseguenze della malattia e della terapia. Indipendentemente da quanto impegnati o forti, anche noi genitori a volte arriviamo al limite. Per questo auspico una maggiore comprensione e un migliore sostegno per noi e per i nostri figli.

* Risonanza magnetica per ottenere sezioni dettagliate dell'interno del cranio (nota dell'editore)

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