«Curare il cancro è una maratona e non uno sprint»
Intervista con la dottoressa Eva Maria Tinner
Ogni anno in Svizzera si ammalano di cancro ben 300 tra bambini e adolescenti. I soggetti colpiti vengono curati in nove centri specializzati in Svizzera. Dal punto di vista medico, la sfida di una cura in età infantile consiste non solo nel combattere il cancro, ma anche nel limitare quanto più possibile gli effetti collaterali a lungo termine, prestando particolare attenzione alle conseguenze fisiche e psicologiche. La Dr. med. Eva Maria Tinner, oncologa pediatrica ed ematologa presso l’Inselspital di Berna spiega le sfide che deve affrontare tutta la famiglia.
La diagnosi di cancro è un duro colpo sia per i bambini che per i genitori. Come spiega una diagnosi così terribile alle persone colpite?
Nella maggior parte dei casi, i pazienti sospettano già che ci sia qualcosa che non va nel loro corpo. E anche i genitori sono preoccupati perché il figlio presenta disturbi persistenti o non sta affatto bene. In questi casi, la diagnosi può fare una certa chiarezza, anche se è terribile e in un primo momento la famiglia si sente mancare la terra sotto i piedi. In primo luogo, spiego i risultati degli esami che hanno portato alla diagnosi e illustro i primi passi del trattamento in modo che genitori e il paziente non si sentano più così impotenti. Noi medici iniziamo spesso con i chiarimenti già prima di conoscere nel dettaglio la diagnosi. È il caso, per esempio, di un bambino che ha la leucemia, ma non è ancora chiaro di quale tipo si tratti esattamente. Una volta che abbiamo raccolto tutte le informazioni rilevanti e sappiamo esattamente come si configurerà il trattamento, parliamo con i genitori, se possibile in presenza di uno psico-oncologo e di un’infermiera. Presentiamo una panoramica dell’intera terapia, spieghiamo esattamente cosa succede nella prima fase, quali effetti collaterali possono verificarsi e a cosa prestare attenzione. Le conversazioni più difficili sono quelle in presenza di diagnosi con una prognosi molto negativa. In questi casi non possiamo offrire la guarigione come speranza, ma dobbiamo parlare sin dall’inizio di come alleviare i sintomi e mantenere la qualità della vita.
I bambini affetti da cancro necessitano di un trattamento diverso dagli adulti?
Sì, perché per ogni cancro esiste una terapia individuale e i bambini non soffrono degli stessi tipi di cancro degli adulti. I bambini vengono generalmente trattati con sostanze note da diversi decenni. Diversamente dal trattamento degli adulti, i farmaci appena scoperti vengono introdotti solo lentamente e utilizzati esclusivamente in situazioni speciali. Tuttavia, rispetto ai pazienti oncologici adulti, abbiamo tassi di guarigione significativamente più elevati. Poiché la ricerca sul cancro infantile ha fatto grandi progressi negli ultimi decenni, oggi sappiamo meglio in quale sequenza, composizione e dosaggio dobbiamo trattare i nostri pazienti. Inoltre, possiamo suddividere le malattie tumorali in gruppi a rischio al fine di adattare l’intensità del trattamento alle esigenze. In generale, i bambini sopportano trattamenti molto più aggressivi rispetto agli adulti, perché non sono ancora soggetti a un processo di invecchiamento. D’altra parte, l’ulteriore crescita e lo sviluppo devono sempre essere tenuti a mente durante il trattamento e le terapie che inibiscono la crescita, come per esempio la radioterapia, devono essere utilizzate solo con grande cautela.
Cosa succede ai genitori che ricevono una diagnosi del genere?
Una diagnosi di questo tipo sconvolge la vita di tutta la famiglia da un momento all’altro. Per mesi genitori e figli fanno avanti e indietro tra casa e ospedale e sono esposti a stress fisici e psicologici estremi durante questo periodo. Nella maggior parte dei casi, la fase di terapia intensiva dura da sei a dodici mesi. Un periodo segnato da ricoveri ospedalieri programmati e non e dalla costante paura che il bambino non sopravviva. In alcuni tumori, come la leucemia linfoblastica acuta, che è uno dei tumori infantili più comuni, il trattamento richiede fino a due anni, perché in questo caso si aggiunge anche una terapia di mantenimento più lieve. Dopo la terapia, si effettuano visite di controllo inizialmente ravvicinate e successivamente ad intervalli più ampi, che possono scatenare nuovamente timori sia nei bambini che nei genitori. I genitori con un figlio affetto da cancro sono costantemente preoccupati; a scuola, per esempio, possono circolare infezioni potenzialmente letali per un bambino malato di cancro. Tra queste anche quelle che potrebbero essere prevenute dalle vaccinazioni raccomandate, come il morbillo.
Come incide tutto questo sulla quotidianità delle famiglie interessate?
Il bambino malato di cancro di solito deve essere ricoverato in ospedale immediatamente dopo la diagnosi per almeno due settimane. Normalmente, un genitore o un parente molto stretto è sempre con lui e questo aspetto è particolarmente importante per i bambini molto piccoli. Quando i nostri pazienti dopo diverse settimane possono poi tornare a casa, devono continuare a essere assistiti con molta attenzione. Così, i genitori che prima erano a digiuno di nozioni mediche si ritrovano per forza di cose a diventare esperti in brevissimo tempo. Devono, per esempio, iniettare farmaci sotto la pelle e prendere decisioni molto complesse o quantomeno condividere quelle prese da altri. Durante le fasi di terapia intensiva, i bambini devono subire più e più ricoveri pianificati per sottoporsi a chemioterapia o radioterapia. Inoltre, possono manifestarsi complicazioni come per esempio le infezioni, perché il sistema immunitario dei bambini è indebolito. In questi casi i bambini di solito devono restare in ospedale a tempo indeterminato. Questi sono solo alcuni esempi che illustrano perché i genitori devono cambiare completamente la loro vita quotidiana se loro figlio è affetto da cancro. Spesso non riescono più a fare tutto, soprattutto quando lavorano entrambi e ci sono fratelli e sorelle che molte volte vengono trascurati. Può poi succedere che un genitore sia costretto a ridurre il proprio lavoro o a rinunciarvi del tutto, almeno durante la fase intensiva della terapia. Inoltre, a volte sopraggiungono sensi di colpa, «Perché mio figlio si è ammalato, cosa ho fatto di sbagliato?». Anche la convinzione o la fiducia iniziale che andrà tutto bene vacilla profondamente.
Cosa consiglia alle persone colpite?
Soprattutto all’inizio della malattia, genitori e pazienti si trovano impreparati e sopraffatti davanti a una situazione per loro del tutto straordinaria. Per questo motivo è importante fare un passo alla volta e anche accettare aiuto. Per sostenere genitori e figli, lavoriamo quindi a stretto contatto con psico-oncologi e assistenti sociali. I genitori sono spesso insicuri in merito alle terapie e alle possibili alternative, in quanto in rete circolano anche tante false informazioni. A questo proposito, consiglio vivamente di chiedere direttamente a noi medici quali fonti di informazione sono affidabili ed effettivamente pertinenti alla diagnosi del bambino. Anche la salute dei genitori è importante e questi non dovrebbero avere paura di chiedere aiuto e concedersi dei momenti di pausa per il bene di sé stessi e della relazione di coppia. Curare il cancro è una maratona e non uno sprint, quindi devono assicurarsi di non esaurire tutte le energie per essere al fianco del proprio figlio per tutto il tempo. Se parenti, amici o conoscenti vogliono aiutare, di solito è opportuno distribuire compiti semplici come dare una mano con i lavori casalinghi, uscire con i fratelli, cucinare i pasti ecc. I genitori spesso «lavorano» bene nella fase intensiva, ma poi hanno una sorta di crollo psicologico alla fine della terapia. Anche in questo caso, consiglio alle persone colpite di chiedere aiuto agli specialisti.
Dal suo punto di vista di medico, dove ci sono ancora lacune nell’offerta assistenziale?
Per i genitori, il sostegno economico è una questione fondamentale. Si va dalla perdita di salario, alle spese di viaggio e di parcheggio fino al finanziamento di ausili e farmaci, nei casi in cui le casse malati o l’assicurazione per l’invalidità non coprono alcuni costi o lo fanno solo in parte. Allo stato attuale, in caso di difficoltà, intervengono delle fondazioni, ma questi aiuti sono lungi dall’essere sufficienti. Sappiamo che anche dieci anni dopo la fine della terapia, i genitori il cui figlio ha avuto il cancro versano in condizioni finanziarie peggiori rispetto a genitori con figli della stessa età che non hanno affrontato la malattia. E per quei bambini che hanno poche possibilità di guarigione, sarebbe necessario un buon sistema di cure palliative su tutto il territorio. È anche importante continuare a sensibilizzare l’opinione pubblica in merito. Ci sono ancora molte persone che pensano che il cancro significhi morte prematura. Grazie al progresso medico, ora siamo in grado di guarire più di quattro bambini su cinque. D’altra parte, ci sono anche persone che non credono che, per esempio, non possiamo ancora curare tutti i tumori cerebrali. Vi è quindi un grande bisogno d’informazione sul tema del cancro infantile.
Circa l’80% dei pazienti guariti soffre degli effetti tardivi della malattia e della terapia. Perché?
Oggi possiamo guarire dall’80 all’85% dei malati di cancro infantile nella speranza che possano condurre una vita normale in età adulta. Tuttavia, per ottenere questi successi terapeutici, a volte dobbiamo usare trattamenti molto aggressivi. Sebbene i bambini tollerino le terapie meglio degli adulti grazie alla loro elevata capacità di rigenerazione, permangono alcuni danni agli organi che in parte possono manifestarsi solo nel processo di invecchiamento. Allo stesso tempo, l’organismo del bambino è ancora in pieno sviluppo, il che significa che queste terapie possono anche lasciare il segno ritardando o compromettendo la crescita. Il rischio di insorgenza di effetti tardivi in un bambino dipende da un lato dalla terapia ricevuta e dall’altro dalla sua predisposizione. Il follow-up consiste nell’identificare il più tempestivamente possibile gli effetti tardivi in modo da poter prevenire complicazioni più gravi. Tuttavia, poiché gli effetti tardivi del cancro infantile sono molto vari, dipendono dalla terapia ricevuta e possono interessare quasi tutti gli organi, l’approccio puramente oncologico non è sufficiente. Sebbene ora esistano approcci diversi, in Svizzera non c’è ancora un sistema di follow-up su tutto il territorio definito secondo criteri unitari. Anche se la maggior parte dei centri oncologici pediatrici offre i cosiddetti colloqui di transizione e a Liestal e Berna si stanno già svolgendo persino colloqui interdisciplinari di follow-up con gli internisti, la situazione nel suo complesso deve sicuramente migliorare.